La famiglia Karnowsky by Singer I.J

La famiglia Karnowsky by Singer I.J

autore:Singer I.J.
La lingua: ita
Format: mobi
ISBN: 9788845927713
editore: Biblioteca Adelphi
pubblicato: 1942-12-31T23:00:00+00:00


27

Una tensione indefinita, un misto di attesa, esaltazione e paura invase la capitale quando gli uomini in stivali s’impadronirono delle strade e delle piazze.

Erano ovunque, e in gran numero. Sfilavano in parata, sfrecciavano a tutta velocità in automobile o in motocicletta, brandivano torce accese, cantavano in coro e marciavano, marciavano, marciavano.

Il risuonare dei loro passi risvegliava il sangue. Non si sapeva bene che cosa i nuovi padroni avrebbero portato, ma tutti erano tesi, tesi ed elettrizzati. C’era una sensazione di anarchia, qualcosa di diverso dal solito, di festivo, di inquietante e di frenetico, come in un gioco infantile.

Di nuovo, come un tempo, c’erano fanfare, bandiere, uniformi, saluti militari, parate e discorsi altisonanti. Più fragoroso che in qualunque altro luogo, il martellare degli stivali echeggiava nella zona occidentale di Berlino, sul Kurfùrstendamm, sulla Tauentzienstrasse, in tutto il quartiere dove vivevano e lavoravano i grandi commercianti, i professori, i direttori di teatro, gli avvocati, i medici e i banchieri dai capelli e gli occhi scuri. «Wenn dasJudenblut vom Messer spritzt, dann geht’s nodi mal so gut, so gut»12 cantavano a squarciagola gli uomini del «nuovo ordine», marciando davanti ai negozi eleganti, alle banche e ai grandi magazzini di quelle strade, perché le zazzere nere udissero bene.

Le udivano benissimo quelle parole, coloro ai quali erano rivolte. Così come le udivano gli intellettuali, i giornalisti e gli intermediari seduti nei bar, con un giornale e l’eterna tazza di caffè. Anche loro erano inquieti per quanto stava accadendo, provavano un po’ di vergogna e si sentivano a disagio. Ma non erano seriamente spaventati. In fin dei conti si trattava solo di poche frasi di una stupida canzonetta. Del resto, nemmeno i commercianti della Friedrichstrasse e dell’Alexanderplatz le prendevano sul serio.

Gli affari andavano bene come prima, e anche meglio.

La gente si riuniva nelle strade, era di umore spensierato, festoso, e spendeva i propri soldi dimenticando la prudenzae la parsimonia consuete. Nei bar, assieme allo strudel e il caffè, i camerieri portavano ai clienti abituali dai capelli neri i giornali esteri continuando a chiamarli «dottore», che il titolo fosse legittimo o meno. Nessuno credeva che tutto ciò potesse cambiare. Nessuno ci voleva credere. E poi, come sempre succede in caso di calamità, ognuno pensava che se doveva arrivare una disgrazia avrebbe colpito il vicino, non lui.

Rudolf Moser si recava come di consueto in automobile all’imponente stabile che ospitava la sua casa editrice. Per quanto fosse sgradevole sentire quei canti sul sangue degli ebrei, in nessun momento aveva pensato che potessero riguardarlo personalmente. E' vero che era di origine ebraica, ma era battezzato da un bel pezzo, aveva una moglie cristiana, ed era addirittura membro del consiglio della Gedàchtniskirche, la chiesa più prestigiosa della città. Il suo salotto era frequentato da politici in vista, anche di destra. Uno dei loro, il dottor Zerbe, era ricevuto in casa sua. Qualunque cosa potesse succedere agli ebrei, non riguardava lui, il cristiano.

Nemmeno i proprietari di grandi magazzini, i banchieri e i grossi commercianti, i direttori di teatro, gli attori e gli



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